“Bedduzza mia, vieni e dammi una mano che t’insegno”. Diceva così nonna, mentre io me ne stavo seduta poco distante da lei a scrivere sui fogli bianchi.
“Amunì! Lasciali perdere quei fogli. Le femmine le cose di casa devono sapere fare”.
Allora, posavo la penna, mi lavavo le mani e mi avvicinavo al tavolo.
Ero una picciridda, e quel momento mi piaceva perché poco poco mi faceva sentire grande.
C’era silenzio. Si svolgeva tutto nella penombra della cucina, poco prima di cena. Si intravedeva dalla finestra pure il leggero riflesso del sole che stanco iniziava ad affievolirsi.
La guardavo…
Certe volte, la sentivo mormorare. Ma non osavo mai chiedere. Ricordo una volta, mi misi al suo fianco per sentire quelli che a me parevano lamenti.
E forse, lo erano…
“Chi fai lì impalata”
“Comincia a sbucciare le patate, e stai attenta a non bruciarti”
Facevo un piccolo cenno, segno che…
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